Centro storico
Case bianche di calce, vicoli punteggiati di gerani, archi, piccole logge, fregi in pietra e scalette movimentano il sorprendente centro storico di Cisternino...
Mentre i passi calcano le chianche rese lucide dal calpestio, si ha il privilegio di muoversi in un fitto tessuto urbanistico d’impronta medioevale rimasto pressoché intatto, plasmato nei secoli da anonimi muratori e scalpellini, che seppero sfruttare lo spazio con sapienza, unendo funzionalità e raro senso estetico. La magia è qui: nell’armonia di linee e volumi resi abbaglianti dal sole, in una sequenza di particolari che fanno posare lo sguardo ora su un’edicola votiva, ora su uno spigolo smussato di un edificio imbiancato anno dopo anno con calce fresca. E chiunque può creare il proprio percorso nel borgo, lasciandosi guidare dal vocio di chi vi abita, dai profumi delle cucine e dei fornelli pronti, dalle espressioni grottesche dei mascheroni apotropaici scolpiti nell’Ottocento. Anche se si va a zonzo, è un peccato non apprezzare alcune preziose tessere artistiche di un passato storico che, dal medioevo in poi, ha lasciato di sé una traccia marcata.
Il borgo si trova in un’area già frequentata almeno dal periodo Neolitico, ma il primo documento ufficiale che parla del casale di Cisternino è dell’XI secolo: da allora il paese ha seguito le vicende storiche legate alla vicina Monopoli e a quest’angolo di Puglia che ha visto succedersi numerose dominazioni, dai Normanno-Svevi, agli Aragonesi e agli ultimi Borboni.
L’antica cinta di mura, quella che probabilmente fu costruita a partire dal XIII secolo per dare difesa e dignità civica a Cisternino, può essere ancora individuata qua e là, seppur camuffata e inglobata dalle costruzioni; così come le due torri cilindriche angioine, una annessa all’imponente Palazzo Amati, l’altra a fianco della terrazza barocca di Palazzo capace.
Ma la cinta fortificata del borgo fu preceduta dalla costruzione della Torre Grande, dall’inconfondibile forma quadrangolare, voluta forse così dalla maestranze normanne e di Federico II. Era un punto di avvistamento strategico sulla valle d’Itria e divenne ben presto sede e simbolo del potere civile e clericale.
Tra la Torre e la Chiesa Madre dedicata a San Nicola, un tempo si trovava un edificio di collegamento all’interno del quale era ritagliata Porta Grande, il più importante varco d’accesso al centro storico. E ora ci si addentra nel cuore dell’abitato antico: si può semplicemente seguire la direttrice che conduce alla parte opposta, verso l’integra porta Piccola, attraverso l’ariosa piazza Vittorio Emanuele con la sua bella Torre dell’orologio. Ma vale la pena lasciarsi avvolgere dalle atmosfere più autentiche dei quattro quartieri di “Bère Vécchie”, “Scheledd”, “u Pantène”, “L’ìsule”, che con quello più esterno, chiamato “u Bùrie”, compongono il piccolo dedalo di vie e slarghi in cui è bello, a volte, tornare sui propri passi. La scoperta prosegue alla caccia di piccoli e grandi tesori.
La curiosità, poi, spinge fuori dall’antica cinta di mura. Si viene attratti dai belvedere di Chiesa Nuova, della Villa Comunale, di Largo Amati o ancora meglio della pineta: da qui il panorama si apre sui trulli, i poderi e gli altri comuni della Valle d’Itria. Non è poi distante la chiesa seicentesca dei martiri patroni SS. Quirico e Giulitta, più giù la Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli o di Sant’Anna, comunemente conosciuta come Chiesa del Cimitero Vecchio, barocca è la Chiesa dedicata a san Cataldo, che trionfa in una nicchia della facciata. Ha perso un po’ della sua patina la Chiesa del Convento dei cappuccini. Completano il mosaico d’arte e di storia di Cisternino l’ottocentesca Chiesa Nuova o di cristo, e la graziosa chiesetta di Santa Maria del Soccorso con il suo tetto a spioventi coperto da chiancarelle. Poco fuori dal centro abitato sorge il santuario della madonna d’Ibernia, la Chiesa di un casale forse già presente nell’XI secolo. La strade che dal paese si dirige verso il tempietto brulica di devoti e bancarelle all’alba di ogni lunedì di Pasqua: la festa dedicata alla Vergine della fecondità, forse ricorda il culto pagano della dea Cibele.